lunedì 28 ottobre 2013

Della Decrescita e dello scambio di vestiti.


Spesso mi sono chiesta chi diamine me lo fa fare di smistare ad ogni stagione scatoloni su scatoloni di vestiti usati: non farei prima a comprare lo stretto necessario, magari in quei grandi magazzini di moda economica sparsi ormai per tutta Europa...
 Mi eviterei la perdita di tempo (e di sanità mentale, c'è da dirlo) di guardare, rimettere elastici dove mancano, separare per età, per stile, tirare fuori e dentro da armadi, soffitte, garage (altrui, ché io non ne sono ancora fornita) le scatole, i sacchi e le valige.
Quando mi serve una giacca più grande non sarei costretta ad un'estenuante caccia al tesoro; quando arriva all'improvviso il freddo non perderei tempo a cercare dove diamine ho messo i dolcevita della taglia giusta (per poi, magari, trovarli troppo piccoli perché avevo fatto male i miei calcoli e i bambini non crescono in maniera così costante).
Talvolta mi basterebbe andare, munita di carta di credito -così pratica e leggera!- in un negozio e comprare la cosa che mi serve in quel momento, della taglia giusta e del colore adatto.

Ma, come al solito, c'è un ma. Ormai cominciate a conoscermi: tendo sempre a vedere i due lati della medaglia.
In questo caso, l'altro lato, se lo si pulisce da quella patina che fa molto anni '70 e dà un senso di vecchiotto, rivela splendenti gioie.

Prima di tutto, la gioia della condivisione: la felpa avuta dall'amico, ammirato e ormai arrivato alla scuola media, diventa un motivo d'orgoglio nell'indossarla; quelle gonnelline meravigliose ricevute dalla famiglia che abita laggiù ti fanno sentire un nuovo legame speciale con le persone che te le hanno donate; quell'abbondanza di stoffe colorate ci può offrire un piacevole senso di continuità.

In secondo luogo consideriamo, oltre al risparmio economico, il risparmio energetico e di risorse a livello collettivo: ogni abito "usa e getta" che non compriamo significa meno rifiuti, meno campi coltivati a cotone pieni di pesticidi (quegli stessi campi potrebbero essere valorizzati dalle popolazioni locali, di solito le più povere, per la produzione di cibo), meno acque reflue zeppe di porcherie chimiche che vanno ad inquinare le risorse idriche del pianeta, meno sfruttamento; in sintesi meno PIL, forse, ma davvero vogliamo credere che questo inutile e sciocco  indice di crescita sia così importante?

Da non sottovalutare, poi, che comprando meno prodotti di certe grandi catene si compie un passo in più verso la disincentivazione dello sfruttamento della manodopera a basso costo (che poi succedono le tragedie e tutti si indignano per un paio di giorni...).

Insomma, alla fine dei conti, continuo a frugare tra gli scatoloni, mettendo via per altre persone quello che c'è di troppo, scoprendo nuovi tesori con i miei figli, sfoggiando orgogliosi gli abiti già usati da qualcun'altro, consapevoli di dare una nuova vita a ciò che alle altre persone non serve più.
Certo, ogni tanto mi concedo un paio di acquisti, magari anche economici, magari di quelle grandi catene di negozi di cui scrivevo prima (mica sono una santa!), ma, finché avrò la fortuna di poterlo fare, continuerò ad affrontare le mie preziose giornate di colorata confusione tra magliette, giacche e pantaloni usati.

2 commenti:

  1. Càpito per la prima volta sul tuo blog, grazie a Lunamonda; condivido tutto ciò che scrivi, dalla prima parola all'ultima e metto in pratica questa pratica direi zen del riciclo vestiti.

    Ora i bambini in casa sono tre, e nemmeno dello stesso sesso, quindi per facilitarmi nello smistamento interno, ho messo via i vestiti in scatoloni con su etichette che indicano sesso, stagione, taglia; quelli in dubbio di taglia vanno sotto apposite etichette "prossime stagioni", così non li perdo per strada mentre gli si allungano le gambe senza avvisarmi ;)

    Ora vado a leggere gli altri tuoi post!
    Sara

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