giovedì 29 novembre 2012

Toni di grigio

Avviso che sto per scrivere cose che non a tutti piaceranno. Anzi, forse saranno proprio pochissimi a non arrabbiarsi, chissà; ma era da molto che mi premeva comunicare questi miei pensieri, i pensieri di una persona non allineata, non schierata, indipendente e col difetto di ragionare troppo. Posso anche avere torto, l'importante è che ne possano nascere un confronto costruttivo e uno scambio di idee civile.

Trovo che uno dei grossi problemi di questa nostra Italia sia quello di non vedere le sfumature, di non riuscire a scindere i diversi aspetti delle cose e delle persone che ci circondano, di non capire che nessuno è totalmente dalla parte della ragione o dalla parte del torto e che non possiamo continuare a imporre il diktat "o con noi, o contro di noi!".
Se io trovo delle affermazioni che condivido in un discorso di Grillo, non significa che sia "grillina", se Pansa improvvisamente dice qualcosa che ho pensato anch'io, non per questo mi sento di destra. Riesco persino a trovare cose su cui sono pienamente d'accordo e cose che non credo giuste nello stesso discorso!

Perché le persone sono diverse, diverse sono le esperienze che le fanno maturare (o anche no, a volte) e diversi sono i punti di vista.

Ilva di Taranto
La questione Ilva, per esempio, mi ha fatto ricordare la protesta degli studenti e degli operai tolmezzini (Tolmezzo è un comune relativamente piccolo, ma è il capoluogo della Carnia) di qualche anno fa, quando la cartiera era a rischio chiusura per gravissime inadempienze dei protocolli antinquinamento; dicevano che addirittura i responsabili della fabbrica avessero intascato per anni contributi per costruire depuratori che non erano mai stati messi in opera. Ovviamente il solito ricatto secondo cui non si possono lasciare senza lavoro tante persone permise alla Burgo di continuare come se nulla fosse.

In quel periodo ero una ragazza e lavoravo lì vicino; vedevo i miei coetanei studenti preparare i cortei e le occupazioni contro la chiusura della fabbrica e, in tutta sincerità, non li trovavo né spontanei né giusti. Ovviamente la perdita di centinaia di posti di lavoro è una cosa grave, ma non si può usarla come scusa per mantenere in attività un'industria altamente inquinante e che non fa nulla per adeguarsi e ridurre il proprio impatto sull'ambiente: è un ricatto inaccettabile per me e dovrebbe esserlo per gli stessi operai.

Le proteste e i cortei dovrebbero essere messi in atto per chiedere di cambiare questo sistema, che accentra nelle mani di pochi industriali il potere di decidere della vita di migliaia di persone. Dovremmo chiedere che sia davvero più semplice rendersi indipendenti; dovremmo auspicare una riduzione delle dimensioni delle realtà economiche: più piccoli imprenditori, più umanità, più artigiani ci sono, più è difficile trovare un intera regione messa sotto scacco dai soliti ricatti dei soliti noti.

Tutto questo ci riporta poi al solito discorso: guardare oltre, capire le connessioni, assumersi le responsabilità delle conseguenze delle nostre scelte/azioni. Se non vogliamo continuare a trovarci periodicamente in  queste grame situazioni, bisogna cambiare un intero sistema, uno stile di vita ormai troppo diffuso; bisogna modificare prima di tutto il nostro modo di pensare - o non pensare - a certi problemi; bisogna smetterla di gridare "all'emergenza, all'emergenza!" per ogni cosa. Queste non sono emergenze, bensì situazioni ormai "incrostate" dalla sporcizia delle mafie, dell'indifferenza, della cattiva gestione ed informazione, degli interessi economici.
Possiamo e dobbiamo trovare un nuovo equilibrio, abbiamo i mezzi, l'intelligenza e la tecnologia per farlo. Facciamolo.

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