domenica 8 dicembre 2013

Scardinare il bullismo.

L'educazione dei bambini passa per l'esempio dato loro. Questo ormai è assodato.
Ma evidentemente, quando la gente parla di volere un mondo migliore e più giusto, spesso lo fa a pappagallo, senza crederci realmente, visto l'esempio negativo di prepotenza, falsità, paraculaggine (si può scrivere "paraculaggine" su un blog? mha, io oggi sono così stufa che lo faccio) che molti genitori continuano a dare ai loro figli.




Mai avrei creduto di parlare di bullismo su questo piccolo spazio, ma ecco che da qualche giorno ho aperto gli occhi e ho smesso di sottovalutare quello che succede nei corridoi delle scuole e all'uscita delle lezioni e ho capito che di bullismo bisogna parlare già dalla scuola primaria, prima che le situazioni degenerino e senza nasconderci dietro ad un dito. 
Dire "è sempre stato così", "sono solo ragazzate", "ma sì, cosa vuoi, devono pur imparare a cavarsela!" fa male ai nostri figli e a noi.

Bisogna lavorare con loro su questi temi il più presto possibile, ma in maniera collettiva, su più fronti: insegnanti, genitori e alunni insieme.
Secondo me è necessario accantonare rancori personali e colpe, lasciar perdere momentaneamente l'indagine del chi ha fatto cosa e chi l'ha fatto per primo, per ragionare invece coi bambini di cosa può far soffrire, del perché ci si crede più forti quando si prevarica e di come questa sia solo una falsa forza, di come certi gesti e certi comportamenti creino un "circolo vizioso" difficile da interrompere, di come alla fine tutti ne risentano.

Bisogna comprendere con loro che il bullismo non è fatto solo di botte, ma anche di prepotenze verbali, di esclusione sistematica; di come chi vede e non fa niente per impedire le ingiustizie sia coinvolto e responsabile quasi quanto chi le ingiustizie le compie.

Analizzare e scardinare insieme a loro le gerarchie che si vengono a creare sempre più precocemente: quelle del prepotente e dei suoi gregari, di quello che ordina e di quello che ti sputa addosso al posto suo, di chi guarda in disparte e sta zitto, contento che non sia toccato a lui, di chi subisce; senza dimenticare chi si ribella ma, facendo lo stesso gioco a chi alza più la voce, a chi picchia più forte, a chi è più cattivo, accettando le crudeli regole e mantenendo in piedi questo sistema, passa inevitabilmente dalla parte del torto.

La prevaricazione e la sottomissione, l'altra faccia della medaglia, i nostri figli le imparano da noi, come imparano l'ignavia (anche se pochi conoscono la parola) l'omertà, il calcolo della convenienza. 
Ma possono imparare anche la giustizia, la cortesia vera -e non quella stucchevole falsità che ti permette di fare bella figura e salvare le apparenze-, la compassione, la forza di prendere le difese di chi ne ha bisogno, anche se non è il tuo migliore amico.

Possono imparare a non essere carnefici né vittime, possono imparare a tenere alta la testa anche quando hai paura e ti minacciano.

Noi glielo dobbiamo, loro hanno diritto di sapere che ci sono altre strade.
Anche se crediamo che la cosa non ci tocchi, non ci coinvolga.
E dobbiamo farlo presto, prima che questi atteggiamenti diventino l'unico modo che conoscono per rapportarsi agli altri, altrimenti non potremo mai avere la giustizia che tutti chiediamo a gran voce.

I nostri figli sono i politici di domani, i giudici di domani, gli adulti di domani.

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