mercoledì 10 luglio 2013

La frustrazione nella decrescita.

Abbiamo la tendenza a mostrare sul web il lato migliore di noi e delle nostre scelte, ovvio, normale. Terapeutico, forse.

Ma come posso nascondervi la frustrazione di certe giornate?...

Quando senti tutta la fatica delle decisioni che hai preso, quando senti la schiena gridare vendetta, quando ti rendi conto che il tipo di vita che stai facendo comporta un carico di impegni e preoccupazioni ben superiore a quello che pensavi.

E ti senti incompreso, perché chi non prova certi ritmi non ti capisce, e pensa "che sarà mai star dietro all'orto, è solo un hobby come tanti", ma non sa che non si tratta solo di quello.

Perché abbiamo preso seriamente il nostro impegno, perché non siamo ricchi e non abbiamo le spalle coperte da benessere o genitori nel caso ci stancassimo del nostro stile di vita.
Perché non è un gioco e non è un passatempo per i week-end, è un impegno a tempo pieno, che segue solo il corso delle stagioni e della natura, non puoi relegarlo ai momenti liberi o di noia, non puoi rimandare anche se sei stanco perché hai avuto problemi al lavoro, non puoi trascurare per troppo tempo certe incombenze, altrimenti poi la paghi.

Sembrava romantica e divertente l'idea di lavorare insieme alla ristrutturazione di casa, oltre ad essere una necessità data dal costo elevato dell'acquisto della stessa, 

sembrava semplice gestire l'orto con tre figli, pensavamo di poterli coinvolgere tranquillamente,

sembrava divertente l'idea di spaccare legna in compagnia, marito e moglie, immaginavamo i bambini che, ridendo, avrebbero aiutato ad accatastare la legna tagliata,

sembrava serena l'autoproduzione alimentare, con l'immagine felice nella mente della massaia col grembiule che, sorridente, riempie vasetti di zucchine sott'olio e taglia verdure per il minestrone, o di una bambina gioiosa che, sporca di farina, sguscia un uovo sotto la supervisione materna......

E invece...

...invece non è sempre così, anzi, a dirla tutta è raramente così: 

Demolire pareti è faticoso, molto. Per fare la malta bisogna avere esperienza e sapere le dosi precise di acqua, cemento e sabbia, altrimenti rischi (come noi) di trovarti le tavelle che non stanno su e di dover rifare tutto. Vivere in una casa mezzo demolita può essere difficile, non solo avventuroso. Anche il soffitto l'abbiamo rifatto 2 volte, la prima abbiamo dovuto sperimentare l'uso del cartongesso, per poi arrenderci e tornare all'idea del legno (in effetti sono contenta che sia andata così, anche se ora mi avanzano un sacco di pannelli di cartongesso!).

Spesso i figli piccoli sono più d'intralcio che d'aiuto, e insegnare loro a fare le cose, anche le più semplici, richiede un'immensa pazienza e tempo e attenzione, cose che non è sempre scontato avere a disposizione mentre si lavora.

Quando hai finito di spaccare la legna accatastata, ti trovi anche la schiena a pezzi, non solo l'abete... e la stanchezza non aiuta certo a mantenere toni sereni tra marito e moglie.

E, dopo che hai tosato 2000 mq di terreno accidentato, dopo aver passato 2 ore china sulla terra umida a estirpare erbacce, dopo aver affrontato ogni sorta di grana al lavoro, dopo esserti scapicollata a destra e a manca per radunare i tuoi figli ormai allo stato brado... dopo, come e dove trovi la forza e la voglia di fare anche una semplice torta?

Ecco. A volte è così. Non sempre è così. Spesso è così. Sarebbe giusto dirlo, ogni tanto.

Anche se poi basta poco 
- sdraiarsi sul prato a guardare il mondo da un'altra prospettiva, 
scaldarsi nelle sere più freddine con la legna spaccata l'autunno precedente, 
svegliarsi, aprire le finestre e sentire l'odore del fieno, 
i figli che si rincorrono giocando felici, 
guardare un bambino che cerca di aiutare come può, 
il sole della sera che illumina il tuo lavoro finito, 
mangiare l'insalata fresca appena raccolta
 o uscire a prendere a due passi da casa quello che serve per preparare il pranzo - 
basta davvero poco, perché il mio viso si rassereni e la fatica trovi sollievo e scopo.

Il lavoro di ieri...
... e quello di domani.

Cucina locale per rifocillarsi: frico e polenta.


5 commenti:

  1. oh, non c'è manco mezza parola che io non condivida con tutto il cuore.
    idem.
    per noi cambia solo lo scenario familiare con un bambino solo e le colline al posto dei monti.
    ma è tutto, drammaticamente, uguale.
    con la variante che io, spesso, non ho il tuo finale del post.
    ma sono certa di una cosa: i muri sono in numero finito, i coppi e le tegole pure, gli infissi, gli impianti, tutto.
    e alla fine (perchè sarà così vero???) la gestione diventerà naturale, perchè avremo "solo" da spaccare legni e schiene, strappare erbacce e accatastare.
    VERO???

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    1. Certo, ogni cosa è impermanente, anche la stanchezza, anche la difficoltà. Arriverà il momento in cui sarà più semplice gestire tutto questo. I figli cresceranno, la casa sarà sistemata, fare legna assieme sarà più rilassante perché non dovremo pensare a 1000 altre cose, magari solo ad altre 3 o 4... spero....

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  2. mi piace come anche nel momento più difficile tu sappia sempre trovare la forza per un sorriso, sempre il bicchiere mezzo pieno. grande donna, con due spalle grosse grosse (e buone non solo per far legna!). Questo post mi riporta alla realtà, quando faccio la figa dicendo che vorrei vivere tra i bricchi, in mezzo alla natura, schiVando e schiFando la vita di città.. Un abbraccio

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    1. Be', sì... sono una donna piuttosto robusta... in tutti i sensi...
      Mi sembrava giusto ammettere che, presa sul serio, la vita a contatto con la natura ha anche dei risvolti "difficili", se non negativi. Ma, credo, ne vale la pena.
      Basta non illudersi che sia tutto rose e fiori (a proposito, le mie rose se le stanno mangiando le cimici degli alberi da frutta...).
      Ricambio l'abbraccio!

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  3. Sono molto intense le tue parole, sacrosante! E' il contrasto che crei illumina entrambi gli aspetti..

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