sabato 29 giugno 2013

L'odore delle proprie radici.

In alcune case del mio paese si sente ancora quel meraviglioso insieme di aromi che mi riporta immediatamente ai giorni felici della mia infanzia, quando venivo in vacanza nel paese materno e andavo a portare mazzolini di fiori di campo alle vecchiette (mica erano "signore anziane", quella volta!) e la Oliva li metteva nei vasetti dello yogurt ripuliti, zia Giovanna mi baciava sulla fronte, zia Maddalena mi faceva restare a pranzo -il pranzo che cucinava sullo spolert, la cucina economica a legna.

Ieri sera l'ho sentito nuovamente e mi è rimasto per un po' sui vestiti: che sensazione meravigliosa! Che languida nostalgia...

Quel profumo di casa antica, di legno e di pietra, di sapone e minestrina, quell'aroma di pulito, ma non il profumo chimico dei detersivi di oggi, no, un pulito "atavico", non so, un pulito vero.

Un profumo che non riesco a ricreare né a comprendere fino in fondo, ma che, automaticamente, mi fa sentire in pace, mi fa sentire lo scricchiolio delle scale di legno di case perdute.

Sono felice che i miei figli lo possano ancora sentire, che possano ancora entrare a casa di qualche bisnonna (loro o di altri, non importa) e accarezzare le mani nodose e morbide di quelle anziane, vedere i loro sorrisi e ascoltare le loro parole in taich (il dialetto locale, una sorta di tedesco antico); potranno portarsi dietro, come un prezioso tesoro, la sensazione di serenità che -persino- si annusa in certi luoghi; potranno ricordare l'odore delle proprie radici, che gli permetterà di allontanarsi e tornare e vivere con una diversa consapevolezza.

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